Un incroyable travail de traduction en italien de mon article intitulé «confinement, le débat interdit» réalisé par Piero Graglia afin de lancer le débat en Italie
Ci sono voluti solo pochi istanti, il 16 marzo, per il Capo di Stato e il suo governo, in nome della lotta contro la pandemia di Coronavirus, per porre agli arresti domiciliari i francesi e privarli della maggior parte delle loro libertà civili, politiche e sociali che ritenevamo inalienabili: libertà di andare e venire, libertà di riunione, libertà di impresa, libertà di lavorare, ecc. La giustizia è stata quasi messa agli arresti, gli avvocati sono stati confinati, le detenzioni provvisorie sono state automaticamente estese, la polizia (intesa in senso molto ampio dal momento che l’espressione include anche gli agenti di polizia municipale e simili) investiti con pieni poteri [per] applicare queste misure di privazione della libertà.
Il confinamento senza base legale
Questa sospensione dello Stato di diritto è stata effettuata senza una base giuridica. Infatti, il decreto del 16 marzo che limita la circolazione dei cittadini non rientra nelle competenze del potere esecutivo, poiché solo un magistrato, il giudice delle libertà, può normalmente decidere su base individuale, caso per caso. Tuttavia, il sistema di giustizia amministrativa, in questo caso il Consiglio di Stato, ha convalidato il decreto sulla base della teoria giurisprudenziale delle «circostanze eccezionali», adottando quella che non è, senza dubbio, la sua decisione più ispirata.
Solo il 23 marzo il Parlamento ha fornito una base giuridica per le misure annunciate il 17 marzo, votando in tutta fretta la legge che crea uno «stato di urgenza sanitaria» e che autorizza il governo a dichiararlo «in caso di calamità sanitaria che mette in pericolo, per la sua natura e gravità, la salute della popolazione», una definizione particolarmente vaga. Tutta questa legge rasenta la vaghezza, i reati che essa prevede, ad esempio, lasciando gran parte all’interpretazione della polizia e quindi all’arbitrio. Rinnovabile dal Parlamento - anche per una durata di più di due mesi - conferisce pieni poteri all’esecutivo, con il Parlamento che viene privato dei suoi poteri e ridotto al ruolo di semplice spettatore. Anche se l’Assemblea non ha modificato il piano del governo, essendo la maggioranza quella che è, il Senato, dominato dalla destra classica, è fortunatamente riuscito a introdurre alcune garanzie in questo testo improvvisato e mal realizzato, prevedendo in particolare che esso cesserà di essere in vigore in ogni caso il 1° aprile 2021, a meno che non ci sia l’approvazione di una legge contraria. Un chiarimento fondamentale a cui i servizi [legali] governativi non avevano curiosamente pensato.
Non proprio una dittatura
È davvero sorprendente che questa legislazione eccezionale, giustificata dall’uso di un linguaggio guerresco unico in Europa («Siamo in guerra») non sia stata oggetto di un rinvio al Consiglio costituzionale, avendo l’opposizione - altrettanto paralizzata dal terrore come l’opinione pubblica - rinunciato ad esercitare i suoi diritti, un fatto senza precedenti quando si tratta di una violazione particolarmente grave dello Stato di diritto. I giudici costituzionali non sono stati interpellati che su un punto di dettaglio, la sospensione dei termini per la valutazione delle questioni preliminari di costituzionalità (QPC), una disposizione che ha peraltro convalidato.
Fino a quando si applicherà lo stato di emergenza sanitaria (è notizia appena giunta che esso durerà fino alla fine di luglio), la Francia non è più una democrazia, anche se non è proprio una dittatura. A suo tempo, Francois Mitterrand denunciò il «colpo di stato permanente» che erano le istituzioni della Quinta Repubblica. Il coronavirus ha permesso di andare fino in fondo a questa logica istituzionale. Il capo dello Stato, basandosi su una maggioranza sottomessa e di fronte a un’opposizione inesistente, ha preso il controllo di tutte le leve del potere invocando la necessità di preservare la salute dei francesi e dichiarando un’emergenza sanitaria che non aveva voluto vedere arrivare, proprio lui che dieci giorni prima aveva esortato i francesi a continuare a vivere come prima.
Questo mettere tra parentesi lo Stato di diritto è stato accompagnato dalla brusca chiusura di gran parte dell’economia, una conseguenza logica del confinamento. Soprattutto, il governo ha deciso, senza alcuna consultazione, quali imprese potevano rimanere aperte, costringendo le imprese a mettere in mobilità più di 11 milioni di lavoratori salariati del settore privato.
Assenza di dibattito
È veramente sorprendente che questi poteri eccezionali affidati allo Stato per imporre un confinamento brutale e senza sfumature a un intero Paese, uno dei più difficili d’Europa con quelli di Spagna, Italia e Belgio, non abbiano suscitato alcun dibattito, come se non ci fosse altra scelta. Tuttavia, una democrazia non ha mai usato questo metodo in passato per combattere una pandemia (all’inizio del secolo precedente ci sono stati solo confinamenti parziali), in particolare durante l’influenza spagnola del 1918-1919, l’influenza asiatica del 1959 o l’influenza di Hong Kong del 1969. Il fatto che il contenimento sia stata una soluzione inventata dalla Cina, un regime totalitario, per contenere la pandemia da coronavirus avrebbe dovuto almeno mettere in dubbio la sua legittimità. Tuttavia, si è imposto quasi naturalmente, in particolare quando l’Italia ha preso la decisione di confinare l’intera popolazione a partire dal 10 marzo, cosa che ha provocato un effetto domino, ognuno volendo dimostrare di avere pure a cuore la protezione della sua popolazione: la Spagna lo impone il 15 marzo, la Francia il 16 marzo, il Belgio il 18...
Eppure c’era spazio per il dibattito e ad ogni livello. Prima di tutto sul principio del confinamento in quanto tale. Poiché esso è di fatto un male minore per rallentare la diffusione del virus ed evitare la congestione ospedaliera che potrebbe causare ulteriori decessi. Chiaramente, il virus continuerà a circolare e uccidere quelli che deve uccidere dopo la revoca del contenimento - in una proporzione che nessuno conosce - poiché non esiste e non ci sarà un vaccino per uno o due anni e i trattamenti sono ancora in fase sperimentale.
Il confinamento è una trappola politica
Chiaramente, nessuno si è reso conto che rischiava di essere molto difficile uscire dal contenimento senza danni politici una volta deciso, poiché una parte del pubblico poteva persuadersi nel tempo che si trattava di fatto di sradicare la malattia. Se la pandemia continua ad uccidere, e lo farà, il governo, qualora riduca le misure, sarà automaticamente accusato di mettere in pericolo la salute dei suoi cittadini per salvare «l’economia», una parolaccia per alcuni francesi come se lavorare per vivere fosse secondario rispetto alla salute... In altre parole, la tentazione sarà forte di tornare al confinamento assoluto per mettere a tacere le controversie o lasciare il più tardi possibile la strada scelta dalla Francia dopo sei settimane di stato di emergenza sanitaria.
Per questo motivo paesi come la Svezia, la Svizzera, la Germania o i Paesi Bassi non hanno adottato una strategia più flessibile, consentendo alla vita di fare il suo corso normale, o l’hanno applicata con molta più finezza, il che ha impedito di passare attraverso i poteri eccezionali affidati all’esecutivo e soprattutto di bloccare l’economia.
Perché confinare un intero paese?
Questo blocco totale di un paese è tanto più discutibile dal momento che intere regioni erano e sono ancora quasi intoccate dal virus: perché imporre nella Creuse lo stesso trattamento nell’Ile de France, in Puglia come a Milano? Perché non ci siamo limitati al confinamento sulla base dell’estensione della pandemia, proprio come ha fatto la Germania, dove gli Stati federali hanno giurisdizione sulla salute pubblica, con il successo che conosciamo? Così, fin dall’inizio, sono stati identificati due focolai in Francia: Oise e Mulhouse. Ora, invece di reagire immediatamente isolando queste due regioni e dispiegando mezzi medici militari per alleviare il carico degli ospedali civili, il governo ha tergiversato lasciando espandere il virus. Resta sconcertante che si è dovuto attendere fino al 24 marzo, una settimana dopo la decisione di chiudere il paese, per avere il servizio sanitario militare inviato a Mulhouse come rinforzo! Da questo a pensare che il contenimento totale sia stato motivato anche dall’incapacità delle autorità di prevenire la crisi, c’è solo un passo che farò attenzione a non fare.
Analogamente, la scelta delle imprese di chiudere e di adottare misure precauzionali sarebbe stata anch’essa un campo di discussione possibile. Ad esempio, si è saputo subito che l’aria condizionata ha permesso al virus di viaggiare oltre il metro di sicurezza e contaminare molte persone. Quindi chiudere negozi di scarpe, gallerie d’arte o fioristi e lasciare i supermercati aperti ha un senso dal punto di vista medico? Allo stesso modo, era necessaria la chiusura della scuola? Tutto ciò è stato lasciato alla discrezione di una burocrazia senza controllo e senza alcuna consultazione con tutti gli attori economici e sociali.
Perché mettere un’intera popolazione agli arresti domiciliari?
Infine, è emerso molto presto che la malattia era in stragrande maggioranza fatale per le persone di età superiore ai 70 anni (età media della morte in Italia o in Francia: 80 anni) e per quelli con gravi patologie, in altre parole gli immunodepressi. Quindi, era razionale mettere in confinamento tutte le persone valide e far precipitare il paese in recessione? Forse avremmo dovuto concentrarci sulla protezione di questi gruppi a rischio piuttosto che mettere un intero paese sotto una campana senza pensare al giorno successivo, soprattutto perché sappiamo bene che il virus sarà qui per molto tempo.
Il dibattito diventa, a questo punto, particolarmente emotivo, perché si riferisce al nostro rapporto con la morte. Perché una tale pandemia, che non è la prima che il mondo abbia affrontato ed è, soprattutto, lungi dall’essere la più letale della storia, ha portato gli Stati a decidere su misure senza precedenti sapendo che esse non erano una cura? Perché tale panico, soprattutto quando confrontiamo la mortalità causata dal coronavirus con quella di altre malattie? Anche se dobbiamo ancora essere prudenti, dato che dopo cinque mesi dalla sua comparsa sappiamo ancora così poco del covid-19, tutto questo dovrebbe metterci in guardia sullo scientismo che ci ha preso, avendo la medicina detto tutto e il contrario di tutto su questa pandemia, rendendo così la decisione politica particolarmente difficile. Ma ricordiamoci che ogni anno in Francia vengono diagnosticati 400.000 nuovi tumori e che 150.000 francesi ne muoiono, eppure il tabacco e l’alcol non sono ancora vietati, anche se questo impedirebbe gran parte di queste patologie. Se tutta la vita merita di essere salvata, perché essere così disinvolti sul cancro? Analogamente, l’influenza stagionale (mentre c’è un vaccino che una grande maggioranza considera dispensabile) uccide tra le 3.000 e le 15.000 persone ogni anno (per non parlare degli oltre 30.000 decessi per l’influenza di Hong Kong nel 1969 in un paese di 51 milioni di abitanti o il numero equivalente di decessi nel 1959 in un paese di 45 milioni di abitanti); le infezioni respiratorie stagionali uccidono 68.000 persone, gli incidenti stradali 3.500 persone alle quali devono essere aggiunte le vittime sopravvissute che restano disabili per tutta la vita. Eppure, nessuno ha pensato di vietare l’auto (e ogni misura per rafforzare la sicurezza provoca ondate di protesta: ricordiamoci delle polemiche sugli 80 km/h) o di rendere la lotta contro l’inquinamento o il cibo spazzatura un imperativo categorico.
Se osserviamo le statistiche della mortalità nel mondo, vediamo che la fame (anche se facile e poco costosa da sradicare), la malaria, l’AIDS o ancora le guerre (spesso fatte con armi prodotte dalle nostre industrie) uccidono infinitamente più di quanto il coronavirus potrà mai uccidere.
Scegli il tuo lato compagno, ma non c’è che un campo giusto, quello del confinamento!
Si dovrebbe senz’altro considerare la responsabilità dei media audiovisivi in questa ondata di panico che si è impadronita dell’opinione pubblica occidentale (con un’eccezione tedesca, avendo la televisione di quel Paese deciso di assegnare al Covid-19 il posto che si merita). Annunciare ogni mattina il numero di morti senza metterli in prospettiva rispetto alla media abituale dei morti, alla loro età, alle comorbilità che hanno sofferto, ecc.), dedicare interi giornali alla pandemia non può che confondere anche le migliori teste... Immaginate se ogni mattina si elencassero i morti in Francia per tutte le cause possibili e gli si dedicassero tutti i giornali: chi oserebbe continuare a vivere?
Ciò non significa che la morte non abbia importanza, ma semplicemente che qualsiasi politica pubblica deve essere valutata secondo il calcolo costi-benefici. Se non vietiamo la vendita di armi, tabacco, alcol, automobili, camion, centrali termiche, è perché collettivamente crediamo che il costo sarebbe maggiore del beneficio che ne otterremmo. Ma questo dibattito, nella tempesta emotiva che dura da due mesi, è di fatto vietato. Coloro che hanno osato mettere in discussione la strategia scelta e soprattutto la sua durata sono stati messi alla gogna dai più radicali, quelli che si fanno ascoltare. Opporsi all’estensione del confinamento significa essere per il «sacrificio» di coloro che sono malati, «sputare in faccia ai morti» e via di questo passo. In breve, scegli il tuo lato compagno, ma non c’è che un campo giusto, quello del confinamento! Sono anche stato minacciato di morte, io e la mia famiglia, da persone coraggiose che credono che ogni vita debba essere salvata, non importa a quale prezzo, senza che la contraddizione delle loro parole toccasse le loro menti, dopo avermi contestato due tweet del 9 aprile, tre settimane dopo l’inizio del confinamento: «È pazzesco quando ci si pensa: far precipitare il mondo nella più grave recessione dalla seconda guerra mondiale per una pandemia che ha ucciso meno di 100.000 persone (per non parlare della loro età avanzata) in un mondo di 7 miliardi di abitanti. L’influenza stagionale, che uccide per lo più bambini piccoli, fa tra le 290.000 e le 650.000 vittime all’anno in tutto il mondo. E a tutti non importa, ma è una cosa seria.»
La recessione più grave di tutti i tempi esclusi i tempi di guerra (e ancora)
Tuttavia, il contenimento porterà a una recessione inimmaginabile per la sua violenza: si prevede che raggiunga tra l’8% e il 15% del PIL, un calo senza precedenti dell’attività in tempo di pace (è necessario tornare al 1942 [Francia di Vichy] per registrare una recessione del -10%). Non abbiamo mai bloccato un’economia completamente, come abbiamo appena fatto, dobbiamo esserne consapevoli. La disoccupazione parziale colpisce attualmente quasi dodici milioni di lavoratori (un dipendente privato su due!) e i licenziamenti in tronco causati da migliaia di fallimenti aziendali saranno nell’ordine delle centinaia di migliaia o addirittura milioni di persone una volta scaduto il regime di disoccupazione parziale pagato dallo Stato (poiché costa una fortuna). E più a lungo l’economia si ferma, più difficile sarà la ripartenza. Il costo della creazione di una rete di sicurezza sociale e di piani economici porterà a un deterioramento senza precedenti dei conti pubblici e delle giovani generazioni che dovranno pagare due volte il confinamento: con la perdita del posto di lavoro e con l’aumento delle tasse per coloro che lo manterranno.
Non dobbiamo dimenticare che la disoccupazione è anche una catastrofe sanitaria, ma più diffusa e quindi socialmente più accettabile: si stima che siano 14.000 i decessi causati ogni anno in Francia da malattie indotte dalla disoccupazione. E come non parlare della sua processione di miseria, fame, declassamento sociale, ecc. Gli effetti del confinamento hanno anche terribili conseguenze sulla mente dei francesi, sulla violenza contro le donne e i bambini, sulla loro salute (ad esempio, la diagnosi precoce di tumori, ictus, attacchi di cuore sono sospesi e non si sa ancora nulla sui suicidi, ecc.), sull’abbandono scolastico (quanti bambini sono semplicemente scomparsi dal sistema?).
Uno Stato di diritto permanentemente indebolito
Infine, credere che le libertà civili, la democrazia, emergeranno intatte da questo episodio è solo un dolce sogno. Lo stato di emergenza sanitaria rimarrà sancito dalla nostra legge per lungo tempo esattamente come lo stato di emergenza, lanciato nel 2015, è stato alla fine incorporato nella legge comune. È raro che uno Stato rinunci da solo ai poteri conquistati sul legislatore e sulla giustizia. Rintracciare gli individui, tramite smartphone, cosa che alcuni considerano una necessità, potrebbe diventare la regola in nome della salvaguardia della nostra salute, salvaguardia che è diventata LA priorità, con la vita privata declassata alla preoccupazione di un’altra epoca. Aver scelto il confinamento totale e lo stato di emergenza lascerà tracce permanenti e durature nella democrazia francese.
Non pretendo di dare una risposta. Semplicemente, i primi elementi del della fine del confinamento mostrano che sarebbe stata possibile un’altra via: confinamento deciso [dipartimento per] dipartimento [si tratta delle «regioni» francesi], ampia discrezione lasciata alle autorità locali, rinvio al sistema giudiziario per registrare i portatori del virus, ecc. Mi rammarico solo per la mancanza di decisione democratica prima dell’instaurazione dello stato di emergenza sanitaria e della sua estensione. Come se sacrificare generazioni sotto i 60 anni e sospendere lo stato di diritto fossero delle opzioni non discutibili.
Concludendo provvisoriamente, penso che non dovremmo ingannarci sul significato dell’evento inimmaginabile che stiamo vivendo: è il trionfo dell’individualismo, quello della salute immediata dell’individuo di fronte all’attuale e futuro benessere collettivo. I termini del dibattito sono in realtà identici a quelli del cambiamento climatico: dovremmo accettare di sacrificare il nostro benessere immediato per garantire la sopravvivenza della specie umana?